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autore: Francesco Allegrini - 1668
La tela rappresenta la Madonna con il Bambino, i santi Sebastiano, Liborio, Cosma e Damiano, e le Sante Apollonia, Agata e Orsola.
Risulta subito evidente, infatti, che i Santi raffigurati, tutti grandi intercessori per ricorrenti malattie, hanno in comune la caratteristica di essere martirizzati, come chiaramente indicato dall’angelo sopra San Liborio, che porta nella mani gli attributi peculiari dei martiri: la corona e la palma (del martirio). È da ricordare che per molti secoli affidare la propria vita al Sacro, attraverso la preghiera e gli atti di devozione, ha rappresentato l’efficace, in tanti casi l’unico, rimedio per le malattie. La diffusa indigenza, le risorse della medicina troppo spesso irraggiungibili e soprattutto una fede genuina senza incertezze, avevano infatti creato il terreno ideale perché gli uomini rimettessero alle cure del Divino non solo i malanni dell’anima ma anche quelli del corpo.
SAN SEBASTIANO: morto nel 288. È uno dei più conosciuti martiri romani. Ufficiale dell’esercito imperiale e favorito dall’Imperatore Diocleziano, ciò non poté evitargli la condanna quando si scoprì che era cristiano. Fu legato ad un albero ed il suo corpo fu usato come bersaglio dagli arcieri, poi fu finito a mazzate. È un santo molto rappresentato da artisti di tutti i tempi; spesso è raffigurato come un giovane nudo legato ad un albero e trafitto da frecce. Viene invocato insieme a S. Rocco contro la peste.
S. LIBORIO: morto nel 390. Fu vescovo di Le Mans dal 348 al 390; è il Santo patrono di Paderbon, dove furono traslate le sue reliquie nell’836. È invocato contro le malattie dei calcoli renali.
SANTI COSMA E DAMIANO: morti intorno al 303. Erano due gemelli arabi, di professione medici, furono martirizzati sotto Diocleziano. Praticavano la professione senza farsi pagare dai pazienti. I loro resti furono portati a Roma e da lì la venerazione si estese in tutto l’occidente. Sono stati rappresentati da vari artisti per la loro grande popolarità e spesso con gli strumenti chirurgici tipici del tempo. Sono considerati i protettori dei medici.
SANT' APOLLONIA: Vergine martire d’Alessandria. Negli ultimi anni dell’impero di Filippo (244- 249), una sommossa popolare produsse il massacro di molti cristiani. I pagani presero anche l’ammirabile Apollonia, già in età avanzata. Le colpirono le mascelle e con le tenaglie le fecero uscire tutti i denti. Poi, portata davanti ad un rogo, la minacciarono di gettarcela se non pronunziasse insieme a loro parole empie e di rinuncia a Cristo. Lei, lasciata un istante libera, si gettò spontaneamente nel fuoco e fu consumata. È invocata contro il mal di denti; viene infatti rappresentata, oltre che con la palma del martirio, con un paio di tenaglie.
SANT' AGATA: Vergine e martire, nata a Catania o Palermo, subì il martirio a Catania. Fu consegnata, secondo la leggenda, ad una prostituta e le furono tagliati i seni; San Pietro la guarì da questa mutilazione mentre ella era in carcere, dove morì. S. Agata è patrona delle balie che allattano, dei fonditori di campane e dei gioiellieri. È raffigurata con un vassoio su cui sono posati i suoi seni tagliati.
SANT' ORSOLA: Vergine e Martire. La storia di S. Orsola e delle sue Compagne fu popolarissima nel medioevo e fu uno dei soggetti preferiti dagli artisti. Non è confortata da dati storici, ma basata su un leggenda che ricorda il martirio di un numero indefinito di vergini, soprattutto dopo la scoperta di un antico cimitero a Colonia nel 1155. È rappresentata come una damigella con una corona in testa e spesso trafitta di frecce. Il suo patrocinio è implorato in epoca di guerra per invocare una buona morte, per evitare le sofferenze prodotte dal fuoco e per contrarre un buon matrimonio. È patrona delle maestre e dei negozianti di stoffe.
L’opera è stata eseguita da Francesco Allegrini nel 1668, su incarico dei priori Troiano Carbonana e Giovanni Paolo Gambocci, priori della Confraternita per molti anni, ma insieme eletti il 1° maggio 1667 e confermati nella carica il 1° maggio 1668. L’Allegrini, nato nel 1624 è deceduto a Roma il 21 luglio 168, allievo a Roma del Cavalier d’Arpino con il quale collaborava anche il padre Flaminio. Attivo essenzialmente tra Roma e Gubbio, dove dal 1661 si stabilì quasi definitivamente. Nella nostra città realizzò quasi esclusivamente soggetti religiosi. Nell’esecuzione degli affreschi nella chiesa della Madonna del Prato (1677 - 1678) ebbe come collaboratore il pittore Louis Dorigny autore anch’egli di una pala d’altare presente nella chiesa di S.Croce della Foce.
Sulla cimasa di quest’altare è collocata una teletta raffigurante S. Francesco Saverio, di autore ignoto sec. XIX. È considerato il più grande missionario della Chiesa dopo S. Paolo. Morì a Sancian nel 1552 mentre attendeva di entrare in Cina. Fu Canonizzato nel 1602 e S. Pio X lo proclamò patrono di tutte le missioni estere. Nella Chiesa di S. Croce ha avuto tra la fine dell’Ottocento e inizio del Novecento un culto particolare legato all’Opera della Propagazione della Fede. In sacrestia è tutt’ora una statua raffigurante il Santo: un manufatto a tecnica mista con un bellissimo volto, di proprietà del Priore Don Gabriele Lunani. Dopo la sua morte i familiari donarono la statua alla Confraternita.
La tela è stata sottoposta ad un restauro conservativo dalla Tecni.re.co. di Spoleto, dopo l’esposizione dal 1.7.1989 al 23.9.1989 alla mostra Pittura del Seicento Ricerche in Umbria organizzata a Spoleto, dalla Provincia di Perugia e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.